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Scritto da p. Eddie Maria Fuentes | Categoria: Formazione  |  Pubblicato il 27/06/2024

Nonostante l’influsso negativo del mondo digitale nella vita di tante persone e in modo particolare ai giovani di oggi, l’area digitale anche favorisce molto la cultura dell’incontro. Grazie a questa novità le distanze geografiche sono state colmate, perché tutti comunicano e si incontrano attraverso i social. Perciò l’unità, la comunione si manifestano necessarie nella società umana.
Il Concilio Vaticano II ha dedicato un documento vastissimo, la Gaudium et Spes, per quanto riguarda il rapporto della Chiesa con il mondo. Perciò per il Concilio è importante il concetto dello stare in relazione con il mondo, poiché il cristiano non sta fuori di questo mondo. Infatti la Chiesa non è indifferente di questo mondo ma lo accoglie, lo abbraccia e lo prende come luogo dove la fede potrà svilupparsi in modo veloce, cioè lo vede nel punto positivo. «La Chiesa […] riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, devono contribuire alla giusta costrizione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme» (GS 21). Da questa solidarietà della Chiesa al mondo, sorge l’idea di formare i futuri sacerdoti e le persone consacrate ad avere un contatto con il mondo affinché tutti possano costruire un mondo migliore. Gesù non era indifferente a questo mondo, ma «si fece carne e venne ad abitare in messo a noi» (Gv 1, 14). Dunque lo abbraccia, lo accoglie e fino a versare il suo sangue per il riscatto del peccato del mondo (Cfr. 2Cor 5, 15). Sorge allora una domanda spontanea: come formare i giovani candidati al sacerdozio e alla vita consacrata ad avere una relazione sincera, matura con il mondo?


Creare un rapporto con il mondo significa aprire un dialogo con lui. Il santo Concilio favorisce questo dialogo dicendo che «Tutti i cristiani che vivono nel mondo devono mettersi all’ascolto del mondo poiché è lui stesso, principalmente, che si costruisce e si fa» (GS 31). È un dovere affidato a tutti i fedeli cristiani, il sacerdote e le persone consacrate. Questi, però devono prestare attenzione, perché il mondo odierno ci offre una cultura basata sulle molteplici relazioni interpersonali e superficiali che colpisce tanti giovani, preti e persone consacrate. Per questo Ratzinger ha detto in modo preciso: «un sacerdote ha il suo compito e non può pensare di dover assumere tutto quello che è in grado di fare un cristiano nel mondo» (Sulla natura del sacerdozio, p. 19). Formare i giovani seminaristi e le persone consacrate al mondo digitale significa formarli ad esercitare un dialogo sereno e sincero con il mondo numerico dove c’è tanta gente. Cioè formarli ad andare incontro ai bisogni del nostro tempo, mostrando la validità della dottrina che la Chiesa ha insegnato finora. Si tratta di costruire una relazione interpersonale serena e sincera, di essere solidali agli uomini, di stare vicini alla gente. Allora la Ratio dice:
«Gli estremi confini della terra si sono ampliati, attraverso i mass media e i social network. Si tratta di una nuova agora, una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità, una piazza dalla quale i futuri pastori non possono restare esclusi, sia per loro iter formativo, che per il loro futuro ministero» (RFIS, 97).
La salvezza del mondo è urgente e la Chiesa finora la prende sul serio (Cfr. 1Cor 9, 16). Perciò essa profitta del mondo digitale per portare questa salvezza a tutti gli uomini. Questa area digitale viene considerata, secondo la Ratio, come «parte integrante dello sviluppo della personalità del seminarista» (RFIS 97) e delle persone consacrate. Si tratta della formazione alla maturità, cioè che il candidato al sacerdozio sia formato ad avere una personalità integrata, equilibrata. Però la Chiesa, anche se solidale con il mondo lavora sempre sugli esseri il cui il destino è eterno, ma che devono prepararlo attraverso la dimensione temporale (Cfr.De Montecheuil, Il mondo d’oggi e la Chiesa, p. 17).
Nei confronti del mondo digitale, gli atteggiamenti che i seminaristi, i sacerdoti e le persone consacrate devono prima di tutto avere è il rispetto della persona alla quale si rivolge e alla quale mostra i suoi pareri. Rispettare la persona significa anche rispettare i suoi valori. Devono inoltre avere un amore a tutte le persone senza escludere nessuno che muovono di coloro che ruotano attorno a questa area digitale, perché «siamo tutti chiamati a essere fratelli. E perché siamo destinati a una stessa vocazione umana e divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace» (GS 92). E poi devono avere la capacità d’armonia tra la scienza e la fede. E infine devono avere una identità chiara e ferma nello svolgimento del dialogo con il mondo digitale. Per questo Ratzinger spiega al sacerdote il modo di vivere questo dialogo con il mondo, dicendo: «il dialogo con il mondo è possibile solo sulla base di una identità chiara: che ci si può aprire solo quando si è acquisita la propria identità e si ha quindi qualcosa da dire. L’identità ferma è condizione dell’apertura» (Rapporto sulla fede, p. 34).

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