Questa nostra specificità deriva dalla contemplazione di Gesù Cristo crocifisso e dall’esperienza di p. Labellarte con Padre Pio da Pietrelcina, sotto l’ombra del quale ha vissuto per 26 anni della sua vita fino alla morte del frate Cappuccino nel settembre del 68. Quante volte p. Labellarte avrà visto nella vita di questo frate e sentito direttamente dalla sua bocca le parole lapidarie lasciate nella lettera scritta da lui stesso al suo padre spirituale, padre Agostino (epistolario vol. 1, lettera n. 266): “La Vergine Addolorata ci ottenga dal suo santissimo Figliuolo di farci penetrare sempre più nel mistero della croce ed inebriarci con lei dei patimenti di Gesù. La più certa prova dell'amore consiste nel patire per l'amato, e dopo che il Figliuolo di Dio patì per puro amore tanti dolori, non resta alcun dubbio che la croce portata per lui diviene amabile quanto l'amore. La santissima Vergine ci ottenga l'amore alla croce, ai patimenti, ai dolori ed ella che fu la prima a praticare il vangelo in tutta la sua perfezione, in tutta la sua severità, anche prima che fosse pubblicato, ottenga a noi pure ed essa stessa dia a noi la spinta di venire immediatamente a lei d'appresso”.
La preghiera è e sarà sempre l’espressione più bella della fede dell’uomo, sia nell’aiuto che possiamo chiedere al Signore quando siamo nella sofferenza, sia quando ci rivolgiamo alla Madre del Signore come consiglia qui sopra P. Pio, e anche quando l’uomo sofferente rivolgendosi a Dio, cerca di capirne il senso come Giobbe che discuteva animatamente con Lui parlando della sua vita vissuta nella giustizia.
E invece, quale sorte mi assegna Dio di lassù
e quale eredità mi riserva l'Onnipotente dall'alto?
Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconosca la mia integrità.
(Gb 31,2-6)
Nella lettera Apostolica Salvifici Doloris, Giovanni Paolo II afferma che: L'uomo può rivolgere un tale interrogativo a Dio con tutta la commozione del suo cuore e con la mente piena di stupore e di inquietudine; e Dio aspetta la domanda e l'ascolta, come vediamo nella Rivelazione dell'Antico Testamento. Nel Libro di Giobbe l'interrogativo ha trovato la sua espressione più viva (Salvifici dolori n.10).
A questo punto ci dobbiamo chiedere se con l’uomo di oggi ci possiamo ancora permettere di parlare di un argomento come quello del Valore della sofferenza, quando la realtà che abbiamo di fronte a noi sembra dirci che conta solo quello che ci soddisfa. Non siamo disposti ad accettare la sofferenza e la Croce, tutto è permesso purché piaccia o sia secondo il proprio gusto. Ma la permissività, come ci si può rendere conto, non ha dato né la libertà né la gioia di vivere. I momenti particolari di sofferenza non portano alla riflessione e al dialogo con il Creatore ma sono causa di paura e di vuoto esistenziale. È necessario tornare alla fonte della vera gioia: il Vangelo di Gesù Cristo. A questo invitava Giovanni Paolo II per il Giubileo del 1985: Se il tema della sofferenza esige di essere affrontato in modo particolare nel contesto dell'Anno della Redenzione, ciò avviene prima di tutto perché la redenzione si è compiuta mediante la Croce di Cristo, ossia mediante la sua sofferenza. E al tempo stesso nell'Anno della Redenzione ripensiamo alla verità espressa nell'Enciclica Redemptor hominis: in Cristo «ogni uomo diventa la via della Chiesa». Si può dire che l'uomo diventa in modo speciale la via della Chiesa, quando nella sua vita entra la sofferenza. Ciò avviene — come è noto — in diversi momenti della vita, si realizza in modi differenti, assume diverse dimensioni; tuttavia, nell'una o nell'altra forma, la sofferenza sembra essere, ed è, quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo.
La sua vera crescita passa anche attraverso la sofferenza, quella quotidiana che può trarre origine dalle relazioni difficili nella famiglia, o nell’ambito della scuola e del lavoro, o ancora nei gruppi delle varie associazioni, ecc.
Ci può essere una crescita anche in situazioni particolari, quali la malattia grave, ingiustizia subita, morte di persona cara, perdita dei propri beni o del proprio onore, ecc.
Dato dunque che l'uomo, attraverso la sua vita terrena, cammina in un modo o nell'altro sulla via della sofferenza, la Chiesa in ogni tempo — e forse specialmente nell'Anno della Redenzione — dovrebbe incontrarsi con l'uomo proprio su questa via. La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella Croce di Cristo, è tenuta a cercare l'incontro con l'uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro l'uomo «diventa la via della Chiesa», ed è, questa, una delle vie più importanti.
La nostra sofferenza dovrebbe essere sempre letta e compresa alla luce della sofferenza di nostro Signore Gesù Cristo. Non solo la Sua sofferenza, ma questa strettamente unita alla Sua Risurrezione. Solo così potremo pregare per chiedere sapienza e luce per comprendere una realtà così grande e importante e cioè che Il Figlio di Dio ha voluto vivere per la salvezza di tutti gli uomini.