Scritto da | Categoria: A Proposito di Noi | Pubblicato il 17/12/2023
San Cesareo, Parrocchia Madonna della Fiducia, Sabato 9 dicembre 2023
Cari amici,
l’istituzione nel ministero dell’accolitato di Sixtus Anyanwu viene celebrata nella II Domenica di Avvento.
Quale è il messaggio di questa seconda domenica del Tempo Liturgico che ci prepara al Natale ma ci allena anche a prepararci alla seconda venuta del Signore, quella che avverrà nella gloria, alla fine dei tempi?
Il brano evangelico che abbiamo appena ascoltato ci aiuta a comprenderlo.
Abbiamo letto il primo versetto del primo capitolo del Vangelo di Marco: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”.
Quando Marco pose mani a scrivere il suo Vangelo, lo designò con lo stesso termine con cui la Chiesa delle origini indicava l’annuncio cristiano: “Vangelo”. Sembra quasi un paradosso: Marco inizia a raccontare una storia, quella di Gesù, che pare andare verso il fallimento, la sconfitta, la morte di croce … e Marco la chiama “Vangelo” che nel mondo greco-romano indicava la lieta notizia circa una vittoria in battaglia, un trionfo militare, oppure la notizia della nascita o intronizzazione di un nuovo re.
Ma questo è proprio lo scopo di Marco: mostrare come la morte di Gesù in croce è superata dal dono della vita, e che in essa si è manifestata la salvezza di Dio.
L’evangelista dichiara subito che la sua opera non è neutrale, ma è testimonianza a favore del Vangelo che la comunità predica e al quale egli ha aderito personalmente.
Parlando di “inizio” non vuole pertanto intrattenerci sui primi momenti della vicenda evangelica ma sul suo fondamento (in greco arché). Un fondamento che sta nell’iniziativa di Dio stesso, il quale si è impegnato con il proprio popolo, così come testimoniano le Scritture date ad Israele.
È per questo che Marco anziché introdurci con una narrazione, propone alla nostra attenzione una serie di citazioni bibliche che fondono testi della Legge e dei Profeti (che riassume come fossero parole di Isaia) e che indicano una promessa: Dio viene a visitare questa nostra storia. Una storia di un popolo sfiduciato, che deve essere consolato, rinfrancato e aiutato a rimettersi in cammino – pare la nostra storia … –.
Accanto alla promessa, la parola delle Scritture dà anche indicazioni su come attendere questa venuta di Dio: non passivamente, senza far nulla, ma con una risposta generosa, fattiva, concreta, entusiasta affinché tutti gli ostacoli siano sgombrati perché si realizzi l’incontro con Lui.
Come dice Isaia dobbiamo preparare la strada di Dio verso il suo popolo e del suo popolo verso Dio.
Questa Parola prende la voce – sempre nel Vangelo appena ascoltato – di un personaggio tipico dell’Avvento, un personaggio singolare per la sua grande statura morale e religiosa: Giovanni Battista (il Battezzatore).
Che cosa fa? Predica la penitenza e la conversione, invita a prepararsi alla visita di Dio. Bisogna farsi trovare pronti. Non preparati soltanto in facciata ma attraverso un profondo cambiamento del cuore. È necessario uscire da noi stessi come le folle che uscivano dalle loro case e città per andare ad ascoltare Giovanni Battista nel deserto, nel luogo del silenzio, dell’essenziale, per riconoscere i propri peccati e dar senso al rito di purificazione battesimale che il Battista proponeva.
È singolare l’annotazione che l’evangelista fa dell’abbigliamento del Battista: “era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico”. Un vestito che allude a quello che indossava il profeta Elia che secondo le scritture era il profeta che deve tornare per preparare la venuta del Messia. Che segue una dieta da giorni di penitenza in attesa dei giorni dove, al giungere del Messia, si banchetterà come a una festa di nozze.
Il Battista è tutto proteso, dunque, a preparare l’arrivo di quell’Uno che, mandato da Dio, deve venire dopo di lui.
Uno molto più grande di lui, che lui annuncia, più grande in potere, dignità e attività. A cui lui non sarà nemmeno degno di toccare i sandali. Non tanto e non solo perché il Battista sarà inferiore a Lui (Gesù) ma perché il sandalo nella ritualità biblica è simbolo del riscatto e in questo Gesù è intoccabile, è l’unico, il solo che possa riscattare, redimere, salvare Israele suo popolo!
E sarà poi il più forte nel senso che avrà forza di prevalere sul vero nemico dell’umanità, il maligno. E questa forza verrà da Lui elargita a una umanità infiacchita dal peccato; Gesù non immergerà più nell’acqua come il Battista ma nello Spirito Santo, lo Spirito di Dio!
Il Battista è consapevole che la sua attività sarà solo un battezzare con acqua, mentre Colui che sta per venire avrà come missione il comunicare la forza e la vita di Dio.
Giovanni, dunque, come ogni annunziatore del Vangelo, appare per poi scomparire, per cedere il posto a Colui che deve venire.
Ebbene, Colui che doveva venire, è venuto e tornerà alla fine dei tempi.
È venuto e ci ha già immersi nello Spirito Santo ma spesso l’uomo se ne dimentica, vuole vivere fuori dal cono di luce della misericordia di Dio.
L’Avvento, allora, è tempo dove riscoprirci figli amati, visitati da Dio che ci consola dalle nostre amarezze, depressioni, delusioni, stanchezze, che ci perdona i peccati, che ci prende in braccio come il Pastore che porta in braccio gli agnelli che faticano a camminare e conduce al pascolo le pecore madri …
È tempo per sentirci visitati e per impegnarci ad annunciare il Vangelo, il fondamento, il principio della salvezza per l’uomo: Gesù Cristo!
E tutto questo cosa può dire a Sixtus?
Sta diventando accolito, viene istituito in un ministero – un servizio – in vista del presbiterato con il quale viene chiamato a stare vicino all’altare, a preparare l’altare, luogo di incontro tra Dio e noi, tra noi e Dio che nell’Eucaristia si fa pane e vino, corpo e sangue donati per noi. Potrà portare l’Eucaristia agli ammalati e distribuirla, in caso di necessità, ai fedeli durante la Santa Messa o fuori dalla Messa. Potrà accogliere i fedeli in chiesa. Ossia è chiamato a preparare, a favorire l’incontro tra Dio e il suo popolo, tra il suo popolo e Dio. Accolito ci ricorda la parola accoglienza. Sarà chiamato a far sì che ognuno di noi si apra ad accogliere il Signore che ci ha accolti per primo e che come un Padre che ama i suoi figli viene a consolarci, a darci il suo amore perché inondati da esso ci convertiamo, cambiamo vita!
Ma non basta.
Sixtus viene istituito in un ministero in una Chiesa tutta ministeriale, dove tutti, cioè devono scoprire di avere dei doni dati dallo Spirito. Una Chiesa che sotto l’azione incessante dello Spirito, nasce dalla Parola, si edifica nella celebrazione dell’Eucaristia e, attenta ai segni dei tempi, si protende all’evangelizzazione del mondo mediante l’annunzio missionario del Vangelo e la testimonianza della carità. Una Chiesa che ponendosi in atteggiamento di servizio come il suo Maestro, va nel mondo per annunciare la salvezza, per consolare, per pascere, per donare con Cristo se stessa secondo i doni dello Spirito che vengono dati a ciascuno.
E stasera in questa Chiesa Sixtus viene investito del ministero dell’accolitato per partecipare a quell’opera di diffusione del Vangelo che trova la sua piena realizzazione, il suo principio e fondamento, in Cristo morto e risorto per noi.
Caro Sixtus il ministero che ti viene dato dalla Chiesa ti aiuti a vivere il tuo Battesimo all’interno del Popolo di Dio, di una Chiesa tutta ministeriale comprendendo come anche tu sei mandato a annunciare il Vangelo partecipando all’edificazione del corpo del Signore che è la Chiesa e che come riferimento essenziale ha, come tu devi avere ogni giorno, la Parola e l’Eucaristia, fulcro di tutta la vita ecclesiale ed espressione suprema della Carità di Cristo, che si prolunga nel “sacramento dei fratelli”, specialmente nei piccoli, nei poveri e negli infermi, nei quali Cristo è accolto e servito.
Caro Sixtus che l’esercizio del tuo accolitato, mentre ti prepari al presbiterato, non rimanga mai chiuso nell’ambito puramente rituale, ma ti aiuti e porti dinamicamente al servizio della comunità cristiana, della comunità entro la quale e con la quale evangelizzerai e ti curverai come buon samaritano su tutte le ferite e sofferenze umane.
Consolate, consolate il mio popolo! Abbiamo sentito ripetere nella prima lettura.
Annuncia il Vangelo ossia la buona notizia di Gesù.
Chiama a conversione.
Porta coloro che incontrerai a Dio, a quel Dio che è venuto e mai si stanca di venire incontro all’uomo.
Vivi così nella Chiesa, il ministero – dono dello Spirito, carisma che ti è donato – dell’accolitato nel quale ora vieni istituito. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina