Scritto da Myriam Maglienti | Categoria: Cultura | Pubblicato il 12/08/2024
“Posso far fronte a tutte le sofferenze perché Cristo me ne dà la forza ” (Filippesi 4,13)
Umanamente potremmo chiederci come mai Serena desse così importanza alla preghiera. Cosa aveva compreso nei suoi pochi anni di vita terrena nell’atto dell’orationes? Cos’è dunque la preghiera se non un’ invocazione dello Spirito Santo, una pratica che accomuna molte religioni e che amplia il dialogo con il Regno di Dio.
Ecco perché conoscere la vita e le opere di Dio Padre Nostro Signore serve a poco, in quanto a questo deve seguire necessariamente una vita adeguata e consacrata nello spirito. Momento estremo di tale elevazione è la preghiera. Servirsi della preghiera vuol dire entrare in un dialogo con Lui e con ciò che lui vuole comunicarci. A nostra insaputa Dio stabilisce e si riserva un tempo ed uno spazio su cui sostare dentro di noi, come quello ricercato e sperimentato con Gesù. Egli stesso, il figlio di Dio, sperimentò l’incontro solitario o nello specifico un rapporto sincero e fiducioso con il Padre. Gesù prima di noi ci insegna a pregare e a riporre ogni paura nell’ascolto vivo e paterno di Dio.
Ecco, Serena aveva dato spazio a quella voce, aveva umilmente compreso che da sola non poteva raggiungere la Felicità. La cosa più importante che Serena aveva sperimentato nella preghiera non è ciò che diceva o chiedeva ma quello che era lei nell’atto stesso in cui pregava: una bambina mai sola e soprattutto figlia celeste.
Dopo la manifestazione della protuberanza encefalica Serena necessitava di cure e medicazioni. Non fu facile trovare qualcuno esperto e disposto a sostare frequentemente nella casa dei Chiarello cosi Maria, madre di Serena, decise di affidare le sue mani al Signore.
Non aveva mai sanato una ferita di alcun genere. Il campo medico non era tra i suoi interessi, ma la figlia amatissima aveva bisogno di lei.
Le sue mani divennero strumento di Dio, una vera sarta ed infermiera allo stesso tempo. Lasciò che le mani venissero guidate dall’amore di madre che la pervadevano, ma con il cuore rivolto sempre a chi, prima di ogni medico, è il nostro Salvatore. Aveva paura di sbagliare o peggio ancora di aggravare la situazione in quel punto cosi delicato del corpo della figlia.
Indispensabile in quel periodo fu l’aiuto di Raffaello, colui che sarebbe diventato padrino di Francesco, uno dei gemelli. Dopo numerosi tentativi riuscì a far visitare e medicare la bambina da un medico ospedaliero. La risposta non poteva che confermare quello che già Maria aveva creduto: ad operare sulla figlia non era lei.
Maria ricorda le parole di quel medico: « Non so chi abbia curato la bambina ma certamente è esperto in materia. Io non avrei potuto fare di meglio. Anzi, consiglio di continuare perché non vi è cura migliore dell’amore di una madre».
In concomitanza con la rottura di quel bitorzolo si propagarono metastasi in tutto il corpo. Quella fu la volta che la malattia tolse l’abilità di parlare alla piccola.
In quei giorni, gli ultimi sulla terra, il Signore veniva a farle visita.
Il Signore scelse un giorno particolare per manifestarsi e far comprendere ai genitori di star vicino alla loro figliola. Era il giorno del Sacro Cuore di Gesù, primo venerdì dopo il Corpus Domini e i Chiarello notarono la bambina che sorrideva a qualcosa. Restarono a fissarla per un po’ e controllarono se ci fosse qualcosa nella stanza o fuori che attirasse la sua attenzione. Non notarono nulla. Cosi si avvicinarono ancora un po’ e guardarono le pupille della figlia, senza disturbarla troppo. Fino a quando la madrina di Serena, Francesca, decise di affidare ai genitori un libriccino con molte immagini sacre. Cosi la mamma Maria racconta quel momento: «Serena non poteva parlare ma i suoi occhi lasciavano gustare una visione bellissima. Abbiamo provato a chiedere cosa vedesse, ma lei sorrideva perché altro non poteva fare. Poi decidemmo di seguire Francesca e di darle in mano un libriccino con immagini sacre e di spronarla a farci vedere cosa vedesse. Fu emozionante ciò che segnò. Era il Sacro Cuore di Gesù».
Quella non fu l’unica visione. Ne ebbe un’altra, il giorno di Sant’Antonio.
Decide di raccontare quest’altro momento di estasi papà Accursio: «Serena vedeva al di là dei limiti umani e la testimonianza è data dalle risposte che nostra figlia ci dava, frutto di una coerenza sorprendente. Anche quel giorno Serena, per comunicare con noi e rispondere alle nostre domande, prese il libriccino delle immagini sacre e sorridente indicò Sant’Antonio.
Ma un altro avvenimento mi toccò particolarmente. Una notte come le solite che mi trovavo a dare la buonanotte alle mie figliole, vidi una luce penetrante e forte nella stanza di Serena. Quella volta non ebbi il coraggio di entrare, mi domandai solo da quanto tempo e chissà quante volte il Signore aveva presenziato da lei ed era andato a consolare mia figlia».
Questa fu l’inizio della vita eterna.
Restate e continuate a leggere il prossimo articolo, Serena ha molto ancora da raccontarvi.