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Scritto da Giovanni e Laura Lentini  | Categoria: Formazione

“Non vogliamo figli perché ci preoccupa farli vivere in questo mondo”. Credo di ricordarla bene, a distanza di circa 40 anni, la giustificazione di una coppia sterile per volontà. Deve avermi sconcertato un bel po’, se ancora non l’ho dimenticata. Noi pensiamo che, se il mondo non è bello (ma per noi lo è), allora siamo noi adulti che non abbiamo fatto abbastanza per migliorarlo e se speranza di miglioramento c’è (e noi crediamo che ci sia), be’ allora starà ai nostri figli, ai giovani realizzarla.

Sono consapevoli i nostri giovani di questo formidabile compito, rendere il mondo migliore di come glielo stiamo lasciando? Da osservatori privilegiati in quanto genitori e insegnanti, abbiamo voluto provocare alcuni giovani, suscitare il senso di vertigine che scaturisce dal confronto tra la brevità (o lunghezza?) della nostra vita terrena, come singoli individui e come specie umana, e la lunghezza della storia della terra.

L’uomo è apparso negli ultimi secondi della settimana della Genesi e in quei pochi istanti ha creato e distrutto imperi, ha prodotto capolavori d’arte e ha inquinato le acque e l’aria, ha sconfitto malattie e ne ha create di nuove, ha imparato a usare l’energia ma potrebbe servirsene per distruggere tutto. In ogni singolo istante della mia vita, che nell’insieme vale quanto un battito d’ali di un colibrì se rapportato alla vita della terra, o un fremito di palpebra, posso lasciare un segno che ha il sapore dell’eternità. Cosa suggerisce ciò ai nostri giovani?

Martina (16 anni, Liceo Linguistico, Bari) è stata colpita dalla scala temporale. Se pensiamo “ai danni che abbiamo causato al nostro pianeta in un tempo così infinitamente breve” e a “quanto tempo sarà necessario per provare a tornare indietro” può prevalere lo sconforto o la voglia di cedere alla già diffusa “indifferenza e superficialità”. A Martina l’impegno quotidiano a volte sembra “solo una goccia nel mare” ma, grazie a Dio, la conclusione è: “io non demordo!”

‘Lasciare un segno’. Certo, “un cantante famoso, un atleta, un ricercatore scientifico lasciano un segno […] per il miglioramento che hanno apportato alla società. Se pensiamo che l’uomo esiste da milioni di anni e che” in questo momento otto miliardi di persone sono con me sulla terra “è difficile pensare che a lasciare un segno debba e possa essere proprio tu, soprattutto quando, come nel mio caso, si è ancora indecisi sulla strada da percorrere”, dice Matilde (17 anni, IISS Castellana Grotte - BA). Ma aggiunge: “la vita è però troppo breve per rincorrere questa continua mania di avere successo”, forse basta molto meno, un pizzico di saggezza.

Come quella di Simone (17 anni, IISS Castellana Grotte - BA): “Io, sinceramente, non voglio lasciare il segno per essere ricordato da tutto il mondo; mi basterebbe lasciare un segno positivo alle persone che conosco: che si ricordino di una persona buona e gentile, che ha sempre cercato la felicità propria e degli altri”. “È questa la bellezza della vita e degli uomini che il Signore ha creato come suoi simili”, chiosa Matilde.

Grazie, ragazzi, a nome di tutti.

 

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