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Scritto da Giovanni e Laura Lentini | Categoria: Formazione  |  Pubblicato il 03/04/2024

Dall’inverno 2020, quello del primo COVID, la popolazione canina del mio paese è decisamente aumentata; in genere, cani di piccola taglia. A dispetto del loro ruolo antonomastico ― ‘da compagnia’ ― sono oggi per lo più abbandonati in solitudine, per ore, negli appartamenti e sui balconi. Sviluppano così sonori segni di sofferenza psichica, ammesso che l’aggettivo si possa propriamente utilizzare per i cani (ψυχή  anima): abbaiano dalla mattina alla sera. Il Natale ci ha suggerito di riconciliarci con questi disturbatori della quiete pubblica. Perché? Be’, la tradizione cristiana pone due animali tra gli esseri viventi vicini al Salvatore bambino e così ci ricorda che tutta la Creazione era in attesa di Gesù e tutta volle assistere alla Sua venuta. Anzi, il bue e l’asinello, e forse animali da cortile e ― perché no? ― cani furono più solleciti di tanti uomini che continuarono in quella notte, e continuano oggi, a pensare alle proprie faccende.

Martina ― 20 anni, studentessa del Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche ― fa notare che “la parola ‘creatura’ (= ‘essere creato’) rimanda innanzitutto ad un ESSERE VIVENTE.” Ora “un essere umano è sicuramente un essere vivente, ma un essere vivente NON è necessariamente un essere umano. Per essere definito tale, un essere vivente deve rispondere a determinate caratteristiche, che ci vengono insegnate sin dalle scuole elementari. Tutti gli esseri viventi seguono un ciclo vitale: nascono, crescono, si nutrono, respirano, si riproducono, interagiscono con l’ambiente e muoiono. Tra gli esseri viventi ci sono anche le piante, i funghi, i protisti, ma soprattutto gli ANIMALI. Animali ed esseri umani fanno parte dello stesso Regno.” Con le dovute distinzioni e priorità, “il comandamento ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’ potrebbe includere anche gli esseri viventi che sono ‘prossimi’ all’uomo”. D’altra parte, continua Martina, “prendersi cura di un animale non fa solo bene alla creatura, ma anche a noi stessi: vivere a contatto con degli animali abbassa il cortisolo, riducendo lo stress, aumenta i livelli dell’ormone ossitocina, responsabile dei sentimenti di amore, benevolenza e questi sono solo alcuni dei tanti benefici”. Lo può testimoniare Miriana (22 anni, studentessa del Corso di Laurea in Scienze dei Servizi Sociali). “Ho vissuto con un pincher per ben 12 anni. Inizialmente l’ho trattato come un piccolo peluche da crescere, ma solo in seguito ho capito di avere una grande responsabilità. Una responsabilità per portarlo a spasso, accudirlo, curarlo, coccolarlo”, e anche questa educazione alla cura è un beneficio. E poi i già citati effetti sull’umore: “quando ti vede triste, è sempre lì pronto ad alzarti su di morale con un bacio o un piccolo sorriso. Il bello del nostro cane è che sorrideva sempre, anche quando era triste.” E Alessio (19 anni, Liceo Scientifico ad Indirizzo Sportivo) concorda: “Gli animali ci aiutano a sentirci meno soli. Tornare a casa e sapere che c’è il tuo cane o il tuo gatto ad aspettarti, ti rende felice e sicuramente meno solo. Quando da piccolo non avevo molti amici, sapevo che potevo sempre contare su Mao, il gatto di mia nonna”.

“Quindi prima di maltrattare qualcuno o qualcosa ― chiosa Martina ― teniamo a mente che è come se stessimo maltrattando noi stessi e ricordiamoci che NESSUNO merita una simile violenza, che si tratti di un essere umano o di un povero animale indifeso”.

L’uomo oggi fa male agli animali anche in modo inconsapevole e ciò preoccupa Nicole (21 anni, studentessa del Corso di Laurea in Economia e Management). Il riscaldamento globale, prodotto delle attività umane, minaccia la biodiversità: “gli animali sono più esposti a patogeni favoriti dalle mutate condizioni ambientali”, per non parlare delle devastazioni causate dagli incendi e dalla “fusione dei ghiacciai che sta distruggendo gli habitat delle foche, delle balene e degli orsi polari”.

Infine, Corinne (21 anni, studentessa del Corso di Laurea in Lingue e Letteratura Straniere) pensa “che gli animali siano un dono per comprendere l'importanza di un linguaggio che va oltre le parole, spesso inutili. Gli animali sono in grado di trasmetterci questo e simili valori che spesso noi creature ‘dotate di intelletto’ non riusciamo a mettere in atto”. In una perla della saggezza popolare curata da Anthony de Mello nella gustosissima raccolta ‘La Preghiera della Rana’ (San Paolo, 2019; ‘The Prayer of the Frog’, 1989), un frate non riusciva a pregare perché disturbato dal gracidare di una rana. “Silenzio! Sto pregando!”, allora urlò e la rana si zittì. Ma ecco sentì una voce dentro che diceva: “Forse a Dio il gracidare di quella rana era altrettanto gradito dei salmi che tu stai recitando. […] Perché mai allora Dio avrebbe inventato un simile suono?”. Allora il frate autorizzò la rana a riprendere il suo canto, cui si unì il coro di tutte le raganelle del circondario. E il suo cuore entrò in armonia con l’universo intero. Aveva capito, finalmente, cosa significa pregare.

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