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Scritto da Marianna Bandinu | Categoria: Bibbia |  Pubblicato il 24/01/2025

“vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, 

toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”.

(Ezechiele 36,26) 

 

Il nostro viaggio con i profeti non si ferma e ci porta oggi all’incontro con Ezechiele, profeta dei tempi nuovi, figura centrale nella tradizione biblica, con la sua visione di rinnovamento e speranza. La sua voce profetica si distacca dai canoni tradizionali, annunciando non solo la punizione divina per le colpe d’Israele, ma anche la promessa di una restaurazione e di un futuro di gloria. Tra le righe, esploreremo il suo messaggio, focalizzandoci sulla visione di un mondo rinnovato, in cui il popolo di Dio può sperimentare una nuova alleanza, segnando un passo fondamentale nel cammino verso il compimento delle promesse divine.

Ezechiele è stato un sacerdote eprofeta gerosolimitano, vissuto nel VI sec. a.C. S’inserisce nell’alveodei quattro profeti cosiddetti “maggiori”, terzo dopo Isaia e Geremia. Profeta dell’esilio per eccellenza. La mano di Dio s’impadronisce di Ezechiele: «Qui, fu sopra di lui la mano del Signore» (Ez. 1,3), guidandolo a svolgere il suo difficile ministero fuori dalla sua terra, mentre era in esilio in Babilonia, tra i deportati a Tel-Avìv, sulle rive del canale Chebàr. Fu mandato da Dio come sentinella per Israele, per riaccendere la fede del popolo smarrito e disperato, e per aprire inauditi orizzonti di speranza: «Figlio dell'uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d'Israele» (Ez. 3,17).

Ecco allora un primo elemento da sottolineare: la visione e il rapporto cielo-terra. Finora, le visioni dei profeti preesilici sono avvenute in terra, anche quella di Isaia, che contempla il Signore tre volte Santo, ma lo fa nel tempio: «Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: "Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria". Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo» (Is.6,3-4). Ora, con Ezechiele la visione divina avviene fuori dalla terra, in terra straniera, fuori dal tempio ed è accompagnata da una grande teofania: «i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine» (Ez. 1,1). 

Ezechiele vede aprirsi i cieli ed egli ha visioni divine. I cieli allora non hanno più solo la funzione di separare le acque inferiori da quelle superiori, ma anche quella di separare il mondo degli uomini da quello di Dio. Mentre prima dell’esilio Dio sta sulle nubi, quindi sotto il cielo, si muove nello spazio, cavalca i cherubini: «Signore degli eserciti, Dio di Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto i cieli e la terra» (Is. 37,16), Ezechiele è il profeta che porta il popolo alla consapevolezza della trascendenza assoluta di Dio, con Ezechiele Dio è al di là del cielo. 

Inoltre, il profeta vuole ricordarci che il Dio che lo chiama non è legato né a una terra né al tempio di Gerusalemme, ma Egli è onnipresente, eterno e infinito, non abbandona mai il suo popolo, ma è in mezzo agli uomini, li accompagna ovunque, anche in esilio, «Ubi tu, ibi ego» scrive Plutarco nelle sue Quaestiones Romanae, «dove tu sarai, io lì sarò». Striate di speranza sono allora le parole di Dio quando dice al profeta: «Dì loro dunque: Se li ho mandati lontano fra le genti, se li ho dispersi in terre straniere, sarò per loro un santuario per poco tempo nelle terre dove hanno emigrato» (Ez. 11,16). 

Il profeta vive nella coscienza del dopo-catastrofe dalla quale Israele ne è uscito morto a causa del suo peccato, come quella valle piena di ossa inaridite che contempla da un’altura. I tempi nuovi si realizzano grazie allo Spirito creatore che irromperà su di esse per farle tornare a nuova vita. Davanti alla disperazione degli ebrei, Ezechiele afferma la rigenerazione e la resurrezione di queste ossa: «Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete» (Ez. 37,5), un preludio alla rinascita, sia per Israele sia per la spiritualità umana. 

Pertanto, una valle piena di scheletri calcificati diventerà un nuovo popolo, un popolo rinnovato interiormente dalla grazia e aperto all’azione dello Spirito, con un cuore nuovo e uno spirito nuovo per consentire a Dio di stringere con lui una nuova alleanza, un’alleanza eterna. Solo dopo aver sostituito il cuore di pietra con quello di carne: «Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (Ez. 36,28).

Anche la monarchia non sarà più quella di prima, per discendenza da padre a figlio, ma in un ordine nuovo. In Ezechiele non si parla più di un discendente di Davide, ma di Davide stesso, come modello del pastore del popolo, e del Messia: «Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore;io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato» (Ez. 34,23-24).

Infine, un nuovo genere di conoscenza si legge nella celebre visione del carro divino. Un’esperienza apocalittica, che culmina nella visione personificata della gloria di Dio riconoscibile in tutto il suo splendore, da far cadere il profeta faccia a terra: «Così percepii in visione la gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava» (Ez. 1,28). Una visione maestosa e folgorante che abbonda di particolari, dove ogni elemento, ogni immagine, rappresenta la speranza ultima: Dio è fedele e rimarrà con il suo popolo. 

In Ezechiele, dunque, la speranza e la gloria di Dio sono inseparabili. La speranza nasce dalla promessa del ritorno della gloria divina e dalla rinnovata comunione tra Dio e il suo popolo. Il profeta invita a guardare oltre il giudizio presente, verso una visione di redenzione universale e di nuova vita, in cui la presenza di Dio è il centro della restaurazione.

 

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