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Scritto da p.Tommaso Pio Fatone | Categoria: A proposito di noi |  Pubblicato il 25/12/2024

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli” (Lc 2,14). Tra pochi giorni la cristianità festeggerà il Natale del Salvatore. L’anno sta per finire e i motivi di tristezza e angoscia come sempre non man-cano, anzi si fanno sempre più inquietanti. Ma questa festa ci rinnova sentimenti di speranza nei no-stri cuori e ci ridona il sorriso gioioso nei nostri volti, tanto più che sarà la speranza il tema che ca-ratterizzerà l’anno giubilare che papa Francesco inaugurerà proprio la notte di Natale.

La solennità natalizia, seconda per importanza solo alla Pasqua, al pari di questa è la festa più sentita e amata da noi cristiani. Essa possiede anche un’importanza universale. Pensiamo al fatto che gli anni del calendario si calcolano in tutto il mondo dall’anno di nascita del Cristo, e al fascino e alla commozione che il presepe continua a suscitare anche tra i non cristiani.

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Ma quando la Chiesa ha cominciato a celebrare il Natale del Signore? La maggior parte degli studiosi afferma che la scelta del giorno sia avvenuta per eliminare ogni residuo di paganesimo, sostituendo così una festa cristiana a quella pagana del sol invictus, che celebrava la vittoria della luce sulle tenebre dopo il solstizio d’inverno.

Verso l’anno 336 abbiamo notizia di una festa del Natale a Roma celebrata il 25 dicembre. Pressappoco nello stesso periodo veniamo a sapere da s. Agostino che anche in Africa si celebrava il Natale nello stesso giorno. La distinzione con la festa dell’Epifania avverrà poi tra la fine del IV sec. e l’inizio del V.

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«Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9, 1). La liturgia della Notte pone in grande evidenza il tema della luce. Cristo è la Luce sfolgorante che è apparsa nel mondo, il sole di giustizia che viene ad illuminare gli uomini, l’astro fulgido del mattino che inau-gura un nuovo giorno di pace. Con la venuta di Cristo nel Natale, gli uomini videro la gloria di Dio. Quando i pastori scorsero l’angelo, «la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2, 9). Con il Natale spunta la luce che svela completamente il mistero del piano divino, viene la luce che scaccia le te-nebre dell’errore e del dubbio sulla natura vera di Dio, sulla vocazione e il destino dell’uomo, sui grandi problemi del male, della giustizia e della morte. Col Natale sorge la luce, che vince la lunga triste notte della schiavitù di Satana e del suo regno di male e di morte. Natale è la luce che ci porta la salvezza. È nato Cristo che ci dona tutti i mezzi di salvezza e ci dona la sua parola di vita. Anzi ci dà se stesso che è la salvezza stessa e la vita. Col Natale Dio non rimane più nascosto nelle nubi del cielo, ma viene ad abitare in mezzo a noi. Natale è per tutti una notte di luce.

Natale è anche il tempo della gioia. La Liturgia stessa ci invita alla gioia: «Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo …» (Lc 2, 10) dice l’angelo ai pastori. Colui che aspettavamo è finalmente venuto, ed è venuto per abitare con noi. Verrà presto il giorno in cui lo Sposo ci verrà tolto, e allora patiremo con lui. Ora, però, bisogna che godiamo della sua venuta.

La gioia cristiana vive della speranza. La speranza cristiana è innanzi tutto quella riposta nei beni ultraterreni, quando Cristo tornerà nella sua gloria; ma è anche la speranza in un mondo mi-gliore, già qui, su questa terra.

Nel Natale del Signore, poi, si attua quel mirabile scambio di «Dio che si è fatto uomo, af-finché l’uomo diventasse Dio» (S. Leone): il Verbo ha assunto ciò che era nostro per darci ciò che era suo e ci ha rigenerati come figli di Dio. Il Natale del capo – come afferma sempre s. Leone – è anche il Natale del corpo, cioè della Chiesa, e quindi di tutti noi.

Il Natale rappresenta le nozze dell’Agnello con la sua Sposa (cfr. Ap 19, 7). Ora, la Sposa è la santa Chiesa; la Sposa è ogni anima fedele. Come e con quali sentimenti, allora, andiamo noi in-contro allo Sposo? Come ci mettiamo di fronte al Dio-Bambino che giace in una mangiatoia per noi?

Ci poniamo innanzi tutto in adorazione: Venite adoremus Dominum, si canta davanti al pre-sepe. Offriamo al Salvatore che nasce l’incenso di un’adorazione sincera, con l’umile riconoscimento della nostra creaturale dipendenza e l’omaggio di tutto noi stessi.

Come, poi, non riamare quel Dio che , non considerando la sua condizione divina né la nostra indegnità, spogliò se stesso, assumendo la condizione umana (cfr. Fil 2,6-7)?  Come non riamare Colui che ha voluto scegliersi una madre tra le figlie degli uomini, una culla in una stalla, tanto aveva a cuore di affrettare l’opera della nostra salvezza e, mostrandosi nella piccolezza e nell’umiltà, di additarci e incoraggiarci su questa via da lui percorsa? Il Divin Salvatore non ci offre soltanto un modello da imitare, ma ci dona anche la grazia di essere simili a Lui, nella purezza di cuore, nella povertà, nell’umiltà e nell’obbedienza. 

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Accogliamo, dunque, la Parola di salvezza che c’insegna che quel Gesù, che noi adoriamo bambino nel presepe, è Colui che oggi ha il volto del fratello che forse giudico senza pietà; Colui che oggi è sempre presente nei poveri o negli ultimi, con i quali magari non voglio condividere le mie “ricchezze” (cfr. Mt 25, 31-46); è Colui che oggi ha bisogno appunto di scorgere anche in me bagliori di speranza.

Madre del Salvatore e Madre nostra, aiutaci a meglio ad accogliere degnamente il Salvatore che viene e che verrà; guida la Chiesa nel pellegrinaggio terreno verso orizzonti di speranza; facci sentire tutti fratelli tra di noi, perché, rinnovati nello Spirito, sappiamo meglio testimoniare la gioia del Vangelo.

Buon Natale e felice 2025 di pace e gioia a tutti.

 

Editoriale

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