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Scritto da p. Tommaso Pio Fatone | Categoria: A proposito di Noi  |  Pubblicato il 17/08/2024

Ricordo poche cose di quel giorno, ma ciò che più mi colpì fu il momento in cui incrociai lo sguardo di un mio parente, salito su una panca per vedermi passare. Il pomeriggio di quel 23 agosto 1999, nel santuario S. Maria delle Grazie in San Giovanni Rotondo - sotto lo sguardo di Padre Pio -  la celebrazione era appena terminata, e io uscivo emozionato nel corteo processionale. In quello sguardo familiare, al di là di una compiaciuta curiosità, intravidi lo sguardo di tanti uomini e donne, al cui servizio ero stato appena consacrato, che infondo altro non cercavano che lo sguardo di un Dio misericordioso! Capii chiaramente in quell’attimo che, al di là di tutto, ciò che conta per un prete è portare anime a Dio, facendole incontrare non tanto con la sua giustizia, ma con il suo volto misericordioso; il volto di quel Dio che anni addietro si era chinato sulle mie ferite per risollevarmi e rinnovarmi.
«… Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).
Il sacerdozio, infatti, che cos’è se non il dare il proprio cuore, le proprie mani, la propria vita - con tutti i limiti umani che si possono avere - per essere quello strumento con cui Dio manifesta agli uomini la sua infinita misericordia (cfr. 2Cor 5,20)? Potrebbe essere per me, membro dell’Opera al servizio della Divina Misericordia, una cosa scontata; ma - mi chiedo - come sarebbe stato il mio ministero senza quello sguardo!


Il percorso era tracciato, ma non è stato così facile fin qui percorrerlo. L’esperienza ha dimostrato che, quando si fa affidamento solo su se stessi, inevitabilmente si sbaglia. E quanti sono stati gli errori nel mio percorso di cui chiedere perdono, quanta la presunzione di cui accusarmi, e con quanta della mia fragile umanità ho dovuto spesso fare i conti! Il Signore, però, così come mi aveva usato misericordia nel chiamarmi (cfr. 1Tm 1,13), così l’ha usata tante altre volte ancora per rialzarmi e sorreggermi.
Giunto ora al primo giubileo ministeriale, non posso non ringraziare innanzitutto i miei genitori - che ora sono sicuro mi guardano dal cielo - i quali mi hanno fatto crescere con tanti fratelli, vicino ai quali ho potuto imparare l’amore e la solidarietà fraterne.


Ricordo poi con gratitudine le varie figure sacerdotali che hanno segnato nel tempo il mio percorso vocazionale: in primis don Carlo Sansone, che scoprì la mia vocazione e don Antonio D’Amico, che mi guidò fino al mio ingresso nella vita religiosa (e anche dopo, nell’amicizia); quindi il padre Domenico Labellarte, che ha creduto in me e mi accolse nell’Istituto e don Giustino Rosset, che mi ha accompagnato negli anni della formazione con delicatezza e amore. Certamente il Signore nel cielo li sta già ricompensando delle loro fatiche terrene!
Ringrazio anche tutti quei sacerdoti che mi sono stati di guida in seguito, insieme a tutti i fratelli e le sorelle che mi ha hanno sorretto con la loro preghiera, l’affetto e la loro collaborazione nei vari luoghi in cui sono passato.

Ringrazio le Ancelle che ci hanno fatto da mamme, molte delle quali già dormono già il sonno della pace; i Servi che ci hanno dato l’esempio e offerto la loro collaborazione; e le Apostole, nostre sorelle nel comune carisma e nell’affetto.
E, infine, dulcis in fundo (o, come direbbero gli anglofoni, the last but not the least), tutti i miei confratelli, uno per uno, che mi hanno aiutato a crescere in tutti i sensi, perché la vita comunitaria fa necessariamente scoprire i propri limiti per sperimentare ancora di più la misericordia di Dio.
E perché io non dimentichi mai la missione che mi fu idealmente consegnata in quello sguardo che mi illuminò nel pomeriggio di quel 23 agosto di venticinque anni fa a San Giovanni Rotondo, sotto lo sguardo di Padre Pio, non dovrò mai stancarmi di cantare finché vivo:
“Lodate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia”.
A tutti voi che leggete chiedo la carità di una preghiera, perché possa essere vero e fedele testimone dell’amore di Dio!
Vi ringrazio e benedico di cuore!


Ps: ricorderò con i membri e i simpatizzanti dell’Opera il mio 25° il mattino del prossimo giovedì 22 agosto, nel stesso santuario in cui sono stato ordinato.

 

Editoriale

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