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Scritto da Vito Fascina | Categoria: A proposito di Noi |  Pubblicato il 03/10/2024

Nella tarda primavera del 2024, per una felice scelta editoriale, è  stata riproposta, dagli Apostoli di Gesù Cristo, la profonda riflessione che, della Santa Messa, offre il loro fondatore, don Domenico Labellarte.

Il testo era già circolato fra le migliaia di persone della sua Opera: “ … al servizio della Divina Misericordia”, ma la felice intuizione di padre Michele Momoli ha prodotto una seconda edizione, questa volta in veste internazionale: lingua madre, perché don Domenico era sacerdote coltissimo, fine latinista e dotato di una memoria prodigiosa, che si acuiva quando toccava la Parola di Dio; inglese, che risponde al nuovo editore e stampatore, Amazon; francese, per aiutare le missioni africane, in primis, che donano all’Opera del sacerdote valenzanese sempre eccellenti sacerdoti, amanti del Signore Gesù.

Per comprendere l’altezza del figlio spirituale di S. Pio, bisogna, altresì, esplorare la sua formidabile preparazione sia giovanile, sia alla scuola del gigante cappuccino.

Domenico studia dai gesuiti e in una conversazione amicale, con sua nipote Mara De Filippis e il suo futuro sposo, chi scrive, ci rivelò che gli anni al Di Cagno Abbrescia dei gesuiti furono, per lui, di grande arricchimento. Si ritrovò a dover portare tutte le materie d’esame e degli ultimi tre anni; quando passò successivamente al Collegio Capranica di Roma, allora sotto l’egira dei figli di S. Ignazio era provatissimo, poiché erano gli esami di maturità degli anni quaranta dei veri supplizi culturali ed esperienziali. 

P. Pio lo accolse a San Giovanni Rotondo e lo rincuorò, preparandolo al dono della fondazione e lo seguì con una direzione spirituale da narrare, per delicatezza di tratto, cura delle fragilità e esaltazione dei talenti del carissimo “minguccio”.

La “Santa Messa” è, per tale motivo, la sintesi di tre grandi percorsi del prestigioso parroco di San Rocco di Valenzano. Il Labellarte cuce tre doni meravigliosi che gli e ci ha regalato il Signore.

Il primo è l’esperienza di due persone, lui e Padre Pio, come noi, formidabilmente umane; esse, lasciatesi manipolare dal grande artigiano dell’Amore, scoprono che, nella Messa, Gesù ci porta ad avvertire lo splendore del Volto del Padre.

Il secondo è l’arte della Parola. S. Pio avverte che Domenico vive delle Parola e abbandona la sua eloquenza, per trasferirci, sine glossa, lo splendore del linguaggio divino. Chi meditasse ogni rigo della S. Messa di questo innamorato del Vangelo coglierebbe che c’è un mettersi sempre da parte, per far risplendere il Maestro.

Infine la profezia. San Pio ha riportato ancora una volta Francesco e Madonna Povertà in ogni angolo del pianeta e siccome era veramente gioioso si è reso capace di apparire in diversi luoghi, nello stesso momento (la bilocazione), mettendo in grave crisi gli storici, i biografi e i testimoni della sua santità. Dio gioca con le sue creature e apprezza molto chi sa dialogare, scherzando con Lui. Domenico eredita da lui questa sagacia e ironia, con cui sa, per primo, prendere in giro i propri limiti e fragilità.

Duo o tre passaggi siano un richiamo per cogliere l’altezza della riflessione profonda e penetrante di don Domenico per il dono dell’Eucarestia … il resto è nelle vostre scelte. Pregare è anche farsi aiutare a farlo. Acquistare un libro bello, è saggezza e pietà umile.

Partiamo, nei tre esempi scelti, dalla pag. 41dell’edizione nuova. 

Ebrei, cap.2,10: “ Ed era ben giusto …”. Ecco la riflessione, il dialogo fervido nella preghiera, che fa arrivare don Domenico a questa fondamentale considerazione: “Se il Figlio non si fosse rivestito di umanità, di carne, cosa avrebbe dovuto da offrire al Pa-dre ? Quindi dobbiamo ringraziare Dio, se dà la possibilità al nostro corpo e al nostro spirito di soffrire, prima di tutto per essere perfetti e poi per portare molti figli alla gloria. La sofferenza, quindi, oltre a purificarmi, perfeziona e arricchisce me e gli altri”. Uno spaccato della simbiosi padre e figlio, Pio cappuccino e Domenico fondatore, intorno alla sofferenza, che è quanto di più grande ci viene offerto dal Padre, per farci simili al Suo cuore. La Parola spalanca l’anima, ma è l’incontro con un testimone santo a preparare la via alla santità e infine il dialogo personale con Gesù eucarestia e, silenzioso, nell’adorazione eucaristica, ci lascia totalmente abbandonati al Suo cuore infiammato di perdono e carità.

Qualche pagina più avanti, alla 57, ripropone con Paolo ai Romani, 12,1 qualcosa di più: “ Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente …”. Ecco le sue parole: “Dobbiamo, quindi ringraziare Il Signore per questo corpo, che geme in tutte le maniere, a causa delle sofferenze fisiche, delle tentazioni, e degli istinti, perché così abbiamo l’opportunità di offrire un sacrificio gradito a Dio”. Qui si devono unire due considerazioni meravigliose: la prima la sofferenza è una carezza speciale che il Padre ci mette a disposizione. Pensiamo al santo dei nostri giorni: Carlo Acutis. A 16 anni, essere toccati da dolori lancinanti, da una malattia forte e terminale, rende tutto il suo cammino eucaristico un vero torrente di Grazia, per lui, per la sua famiglia, per i giovani e per tante persone che lo invocano, in ogni angolo del mondo, nel loro soffrire. Tommaso Moro, nel suo meraviglioso narrare gli ultimi periodi del suo soffrire in terra, ci ricorda “Nell’orto degli ulivi”, con grandissima e finissima ironia, che non si chieda al Signore di soffrire, ma che si debba arrivare a ringraziarlo, se ci considera adatti ad accompagnarlo, portando la nostra croce piccola e modesta, accanto al suo corpo annientato e svilito dalle e per le nostre menzogne e fragilità.

Infine a pag. 67 il Labellarte si e ci pone una domanda che scaturisce da Gv. 6, 57: “Perchè il Signore vuole che noi rimaniamo in Lui e Lui in noi ?”. Ecco il versetto giovanneo: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche che mangia di me vivrà per me”. E terminiamo questa indicazione di lettura sulla Messa, pregata e amata da don Domenico: sia di grande gratitudine e ammirazione per il santo della porta accanto valenzanese, ma ci faccia uscire da noi stessi, per accogliere i suoi unici e fecondi suggerimenti: “Gesù si presenta come il Creatore, il sostenitore, come il fine ultimo dell’uomo, perciò vuole che viviamo per Lui. Gradisce poco le visite sporadiche, quasi fossero le telefonate saltuarie che spesso fanno i figli alle loro madri, per scusarsi di non poterle andare a trovare perché sono troppo impegnati. Dobbiamo essere invece come quel bambino che, ancora dipendente dalla madre, l’abbraccia e le dice: <<Mammina, come sei bella, quanto sei buona, come ti voglio bene!>>. Il bimbo non ha nulla da dirle, ma quel poco che dice riempie il suo cuore e la commuove, perché è tutta la sua vita. La Comunione è anche farsi piccoli nelle braccia di Gesù: <<Quanto sei buono, come ti voglio bene!>>.

 

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