Scritto da p. Tommaso Pio Fatone | Categoria: Formazione | Pubblicato il 22/11/2023
La vicenda di Giulia e Filippo, che ha tenuto col fiato sospeso tutta l’Italia e che è terminata purtroppo con il tragico e anche scontato epilogo, apre lo spazio a tante considerazioni. Si parla giustamente di lotta contro i femminicidi o, come denuncia la sorella di Giulia, Elena, contro la “cultura dello stupro”, che ancora giustifica certi comportamenti ossessivi dei maschi verso l’altro sesso, che non dovrebbero mai essere ridotti a semplici manifestazioni d’amore.
La stessa Elena, appena appresa la tragica notizia del ritrovamento del corpo della sorella, aveva scritto un post su Instagram, chiaramente indirizzato alla famiglia di Filippo, che recitava: “È stato il vostro bravo ragazzo”!
Già, era un bravo ragazzo, Filippo, anzi perfetto come detto dal papà di Filippo (a cui va tutta la nostra comprensione e vicinanza)! Quante volte, però, è successo che qualcuno dei nostri “bravi” ragazzi ha finito per fare, per usare solo un eufemismo, una “bravata”!?! Non viviamo forse anche la cultura ipocrita della “bravura”. I ragazzi devono essere bravi: bravi nello studio, bravi nello sport, bravi in amore, ... o quantomeno, anzi soprattutto, mostrarsi tali. Anzi, per tanti genitori ed educatori, è questo forse quello che conta di più: che si mostrino bravi! E tutto questo fino ai piani alti, quelli del politically correct.
Così, mentre tutto fuori sembra apparentemente “in regola” e si minimizzano quegli scricchiolii che dovrebbero allarmare, dentro il cuore dei nostri ragazzi cresce sempre più quella passione malsana, figlia della frustrazione di non riuscire ad essere bravi come gli altri si aspettano, e quindi di non poter essere amati; sì, perché si sta fallendo in amore, nello studio e forse, si inizia a pensare, anche nella vita. E la causa non è mai in me, ma nell’altro oppure, com’è successo nell’ultimo e certamente non raro caso, nell’altra. È lei, la “mia” donna, è lei che mi sta distruggendo la vita e quindi non io devo magari cambiare, ma lei. È come dire: se la realtà non è come voglio io, peggio per la realtà! Così, se non cambia lei, non mi resta che eliminarla: “mors tua vita mea”. Illusione diabolica!
Ma torniamo alla culture del “bravo ragazzo” o come la vogliamo chiamare. Ma davvero ci crediamo ancora che basti sembrare bravi ragazzi? Oltretutto la parola bravo avrebbe già in sé un’etimologia preoccupante. Prendo dal sito web Treccani: “Nome noto soprattutto attraverso i Promessi Sposi, con cui nei secoli 16° e 17° erano chiamati gli sgherri al soldo dei signori, guardie del corpo ed esecutori insieme di ordini iniqui e di delitti, a cui la livrea stessa che portavano bastava per lo più a garantire l’impunità: i bravi di don Rodrigo, dell’innominato”.
A aldilà di questa che potrebbe anche sembrare solo una sfumatura di poca importanza, ci chiediamo: ma i nostri ragazzi, il nostro futuro, devono essere educati ad essere solo dei “bravi ragazzi” o forse dovremmo piuttosto indirizzarli verso un modello più alto e più nobile? Quali sono i modelli che diamo loro? Siamo veri testimoni per loro di una cultura altra, ben più alta e nobile? E se oggi loro sono così non è forse colpa di noi grandi, che li abbiamo inscatolati in questa cultura ipocrita, perbenista, di facciata?
L’altro giorno sono entrato in un’aula per dare un saluto ai bambini. La catechista si è subito preoccupata di tranquillizzarmi dicendo che si comportano bene. Allora io, scherzando, ho voluto provocarli, dicendo che non ci credevo. Questo ha suscitato una certa empatia con loro, che inizialmente erano molto impauriti. Catechisti, insegnanti, genitori ed educatori che si preoccupano che non si faccia “casino” a discapito del vero bene dei ragazzi, che hanno bisogno di esprimersi, di diventare uomini, anche esagerando o sbagliando talvolta, e non solo di essere educati ad essere “educati”. Dobbiamo passare dalla cultura del “bravo” a quella del “buono”, del “meraviglioso”, del solare! Sì abbiamo bisogno di ragazzi buoni, meravigliosi, solari. Ma lo diventeranno se prima lo siamo stati noi!