Scritto da Vito Fascina | Categoria: Cultura | Pubblicato il 12/02/2025
Squadernare un libro. Viaggio in 12 puntate fra libri belli e persone da scoprire.
Il lemma squadernare ha la sua origine storico-letteraria in Dante Alighieri, che lo introduce nella sua Commedia: “Ciò che per l’universo si squaderna”.
Si tratta della 29esima terzina del 100 ed ultimo canto, quello che, col doppio 3, ovvero il 33, racchiude tutti i significati del viaggio esperienziale del Maestro.
Ecco la terzina completa:
“Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna” (1).
In un’agile parafrasi suona così: vidi che nella sua profondità è raccolto tutto ciò che è sparso e diviso per l’universo, legato insieme in unità dall’amore come i fascicoli di un volume.
È qualcosa di meraviglioso, dono unico di Colui che l’ha reso novello Enea o Paolo e l’ha condotto al senso della vita: tutto è amore e quando ci si tuffa nell’Amore, ci si abbandona all’incontro con gioia e felicità ed il mistero dell’esistenza ci si presenta e c’incanta.
Ogni realtà si lega, si tiene in chi si lascia portare dall’avventura della e nella vita. Ora l’Alighieri non teme più la selva oscura, ma assiste misticamente o con la ragione del cuore o con un cuore che sa ragionare, all’esito del viaggio di un’esistenza: noi creature umane siamo fatte per amare.
Accade così che per altre 19 terzine, si arrivi al finale unico e splendente:
“l’amor che move il sole e le altre stelle”(2).
Il percorso che s’intende proporre vuole arrivare a individuare 12 Autori con 12 loro libri, che aiutino il lettore, l’alter ego di chi scrive, a riconoscere 12 sentieri che nel mondo apparente sembrino vie parallele, o talora distinte e differenti, ma che siano al fine, siglate dalla forza unificante di che si mette alla ricerca di significati, di sensibilità valoriali, di tracce dell’unica forza unitiva: l’amore fra Dio e le creature.
Il primo dei 12 testi proposti è di un uomo che ha scelto, o è stato scelto, mentre nella sua fase universitaria mai si sarebbe pensato frate e oggi, possiamo dire, sacerdote della Fraternità Francescana di Betania, fondata a Terlizzi, in Puglia, da Padre Pancrazio Gaudioso.
Vive oggi in un pezzo di Paradiso, torniamo su questa parola importante, che, in greco, suona come giardino, al confine nord dell’Italia: l’Eremo di Santa Caterina del Sasso sul Lago Maggiore.
Dalla biografia di Roberto Fusco, da questo luogo paradisiaco e dal suo incontro con la preghiera e i tanti fratelli e sorelle che ha incontrato nel suo peregrinare per ogni dove, nasce Fragilità e Speranza. Vivere da persone adulte e felici, Edizioni Adp, Roma 2024.
Dalla lettura ripetuta e ciclica, dall’aver squadernato, ossia letto i capitoli, anche in ordine sparso o occasionale, nascono queste personali riflessioni:
a. Non ci si vergogna di nulla, ma s’impara a scoprire le ragioni delle nostre miserie: siamo fragili e necessitanti di speranza teologale.
b. L’incontro di Fusco con 250 persone in due giornate pugliesi, a Triggiano e a Valenzano (Ba) ha rivelato l’accordo profondo che risuona fra lui e i suoi lettori attenti o superficiali, che si voglia dire.
c. I temi presenti nel testo favoriscono un viaggio interiore nel lettore e propongono temi di ampio respiro.
Prendiamo le mossa e seguiamo il novello Virgilio, chi scrive, per questo bellissimo incontro fra fragilità e speranza.
Leggiamo al secondo capitolo: “La vergogna è molto esigente. Molti vivono per anni condizionati da essa, senza rendersi conto che si intrufola dappertutto, in ogni ambito della nostra vita e soprattutto nelle relazioni: gli altri ci sembrano sempre giudicanti, pronti a cogliere quel difetto, o ciò che non va o quello che ci rende differenti dagli altri, non omologati a quello che il gregge ci intima di fare o di non fare. Abbiamo un rapporto strano con la vergogna. Le diamo molto spazio per il fatto che molti di noi non si vergognano tanto per quello che fanno, ma piuttosto per quello che sono. La differenza è molto grande” (3).
Vergognarsi per quello che sono è l’alibi, per comprarsi l’ultima macchina potente, il Suv più accessoriato o la Mercedes più scintillante; recarsi dal chirurgo estetico e cambiare i connotati del volto, in cui non ci riconosciamo; finire su Instagram per vedere tutti i perfetti e le perfette, a cui vorremmo assomigliare … e al nostro cuore, alla nostra vita interiore chi ci pensa ?
Scoprire di essere fragili, di essere creature, ci ricorda fra Roberto è invece l’inizio del viaggio, della riscoperta del nostro essere uomini e donne per gli altri, come era solito dire il grande gesuita Padre Arrupe, generale dell’ordine, dallo sguardo profetico.
L’incontro coi giovani e gli adulti a Triggiano e Valenzano, ai primi di novembre, è stato un guardarsi negli occhi ed un relazionarsi con persone che sognano di essere liberi, di vivere da persone adulte e felici.
È stato un duplice incontro dall’effetto tsunami; nella mente e nel cuore degli uditori si sono spalancati scenari nuovi e ridenti: per chi impara ad amare, i problemi rimangono, le tentazioni sono sempre presenti, ma Il Cielo si fonde nel proprio intimo, con le debolezze della carne e le purifica.
Infine si sviluppano tante correnti circolatorie, non si occupano spazi, ma si avviano percorsi e qui accenniamo solo ad alcuni più belli: la forza del limite; la forza della compassione; la dignità della fragilità; l’anzianità e la saggezza; una piccola e grande santità e tanti, ma proprio tanti miracoli del seme che lavora, nel silenzio ! (4).
Un libro per giovani d’età, per giovani nello spirito, per chi sa essere giovane, nell’avventura della vita e saggio nel discernimento dello spirito … tutto per la maggior gloria di Dio. Buona e audace lettura.
Note:
1. Dante, Pd, 33, vv. 85-87;
2. Idem, Pd, 33, 145;
3. Roberto Fusco, Fragilità e Speranza. Vivere da persone adulte e felici, Edizioni Adp, Roma 2024, pp. 34-35;
4. Idem, pp.121-122. Qui consigliamo al lettore un trucco di rilettura molto interessante: squadernare o sfogliare il libro a ritroso, scegliendo nell’indice gli argomenti più saporiti o significativi. La lettura può e deve diventare, così, un dialogo fecondo con l’autore e un continuo itinerario di domande e risposte aperte.
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